Ogni incontro che facciamo, lavorativo o affettivo, inizia con il contatto visivo generato dagli occhi e procede con il contatto fisico dalla stretta di mano. La stretta di mano in pochi secondi parla per noi trasmettendo al nostro subconscio molteplici segnali e spesso viene sottovalutata sia da chi la offre e sia da chi la riceve. Questa forma di saluto incide molto nella prima impressione che si da di noi stessi e che ci facciamo della persona con cui interagiamo. Risulta talmente importante da far si che il cervello non registri il nome dell’interlocutore nel momento del primo saluto.
Per capirne l’impatto che ha su noi stessi una stretta di mano “errata” ci basterà pensare alla spiacevole sensazione di stringere una mano molle e al relativo feedback che il nostro corpo, la nostra mente, ci ha sottolineato, tutto il contrario di una stretta di mano decisa e ferma .
Sono stati fatti vari esperimenti (a riferimento si legga ad esempio Weizmann Institute for Science presente nelle pagine di eLife) su come le persone offrono la mano, di come stringono e del modo in cui il nostro subconscio elabora le informazioni e reagisce di conseguenza. La nostra stretta sottolinea il modo in cui ci vogliamo porre rispetto agli interlocutori: se vogliamo dominare e imporre la nostra presenza, lasciarci “sottomettere” o rimanere eguali rispetto alla persona che abbiamo di fronte. Gli studi denotano, ad esempio, che:
- Una stretta ferma sottolinea un carattere estroverso;
- Una stretta forte e accentuata trasmette aggressività;
- Il porgere solo le dita segnala un carattere schivo e timido;
- La presa del polso, dell’avanbraccio, del bicipite o della spalla indica sincerità e un profondo legame tra le persone (come per esempio l’amicizia);
- Una stretta con il braccio teso indica il bisogno di tenere a distanza la persona che si ha di fronte, tenendola così al di fuori della propria “sfera intima”.
Fatte queste le principali caratteristiche che si evincono dalle strette di mano, come deve essere una buona stretta di mano? Ferma, con la stretta che dura circa 2 o 3 secondi, non troppo rigida, non volta quindi a stritolare la mano dell’offerente, decisa nell’impugnatura e con la mano calda e asciutta. Una buona stretta di mano invierà a livello di subconscio ottimi impulsi positivi segnalando apertura e amichevolezza, ben predisponendo in questo modo l’interlocutore. Al contrario una stretta troppo accentuata o troppo molle mal predisporrà le persone, mostrando aggressività o debolezza a seconda dei casi.
Nel leggere queste parole bisogna tenere a mente che queste conclusioni sono frutto di test effettuati su soggetti diversi e quindi non sono da considerare “assoluti”: non si tratta di studi “matematici”, che offrono la soluzione certa ad un quesito, ma studi comportamentali che evidenziano un modo comune di fare delle persone. Un dato che emerge, però, è che il modo di dare la mano, la propria stretta personale, è stabile nel tempo ed indipendente dalle persone che incontriamo. Se soltanto con sforzo e allenamento riusciamo a eliminare/limitare una propria abitudine o un vizio, come per esempio il fumo, allo stesso modo cercare di variare la nostra stretta di mano richiederà sacrifici.
La prossima volta che incontreremo un cliente o che ci presenteranno una persona potremmo provare a percepire meglio la stretta che ci viene offerta e a tentare di ricambiare positivamente: magari una nuova amicizia o la firma di un contratto sarà alle porte.